Era il 12 settembre 1979 a Città del Messico quando Pietro Mennea, la “Freccia del Sud”, compì quell’impresa leggendaria per lo sport azzurro che rimarrà per sempre e che lo ha fatto diventare per quasi vent’anni l’uomo più veloce del mondo.
Quel tempo – 19”72 è e resterà nella memoria dello sport di tutti gli italiani e non solo.
Riviviamo quei momenti attraverso le parole del sanstinese Gianfranco Lazzer che quel giorno è in tribuna allo stadio Azteca.
E lì, insieme agli altri azzurri della staffetta 4×100, in attesa di correre subito dopo insieme a Pietro Mennea la batteria. Anche quella gara è entrata nella storia dell’atletica leggera italiana; infatti all’indomani, Lazzer, Caravani, Grazioli e Mennea, domineranno la finale con un tempo – 38”42 – che eguaglierà il record europeo.
“Di quella staffetta – dice Gianfranco Lazzer – non esistono video. Ma ci sono alcune foto e soprattutto i ricordi. Indelebili. Il record di Pietro ci convinse che avremmo potuto fare grandi cose. Ero concentrato, corsi bene e il cambio con Caravani fu perfetto. Meno quello schiacciato tra Grazioli e Mennea. Non perché Giovanni, in extremis, sostituì Mauro Zuliani, fermato dalla pubalgia. Quanto perché Pietro, a ricevere il testimone, non è mai stato tanto bravo. Avevamo un quartetto collaudato: in agosto, in Coppa Europa, a Torino, con Zuliani, avevamo già portato il limite italiano a 38”73. Con Pietro si viveva in simbiosi, è sempre stato un amico. Da atleta, si sa, era maniacale, severissimo. Ma quando ha smesso si è aperto, è cambiato. Si faceva vivo spesso, creava occasioni d’incontro. Un giorno, ero Assessore allo Sport, è venuto
a San Stino a presentare un libro. Sono stati anni meravigliosi. Con un rimpianto personale: l’Olimpiade di Mosca persa. Come Caravani ero poliziotto: ci ritirarono il passaporto, per alcuni mesi non fummo
cittadini liberi”.