Roveredo in Piano: La variante urbanistica al Centro Storico

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Planimetria di una parte dell’abitato di Roveredo nel Catasto Napoleonico del 1807 - Per gentile concessione dall’Archivio di Stato di Venezia

L’anno scorso l’amministrazione comunale ha dato l’incarico agli architetti Annalisa Marini e Moreno Baccichet per proporre una variante, la numero 41, al Piano Regolatore Generale dedicata in modo specifico alle zone del centro storico del Comune. 

Si tratta di un’area molto vasta del territorio urbanizzato che deriva per lo più dal sistema di borgate preottocentesco ben riconoscibile nel Catasto Napoleonico del 1807. Nel precedente apparato normativo gli edifici erano classificati con tre diverse classificazioni. Con questa variante l’amministrazione comunale vuole cercare di identificare gli edifici con una definizione più articolata.

Il centro storico del comune si è consolidato tra ottocento e prima metà del Novecento in un sistema edilizio del tutto originale che si esprime in un ambiente di strada canale in parte caratterizzata da un commercio di prossimità. Questo ambiente è “il salotto” di Roveredo. 

Su questo spazio prospettano la maggior parte dei servizi agli abitanti e senza dubbio è lo spazio identitario dell’abitare, il luogo riconoscibile e diverso dalle altre località dell’alta pianura della destra Tagliamento. 

La sua spina dorsale allungata è frutto della distribuzione dei masi medievali lungo la strada e la roggia che hanno garantito la vita nel paese agricolo. Oggi quello spazio pubblico è esclusivamente stradale, ma la dimensione degli spazi lasciati nel medioevo tra una e l’altra cortina degli edifici è consistente. Su questo spazio collettivo, di distribuzione, ma anche di relazione, tra Settecento e Novecento furono riedificate le case originariamente a un piano con tetto in paglia.

Fu in questo periodo che si consolidò il sistema di case a corte organizzate con il fronte sulla strada e lo spazio scoperto interno quasi sempre raggiungibile attraverso un portico ampio che garantiva l’accesso con il carro tirato da buoi. Sulla corte si affacciavano la casa e gli annessi agricoli. La prima a partire dal Settecento aveva quasi sempre due piani con un granaio sul sottotetto, mentre gli annessi avevano di norma due piani di altezza e venivano disposti in modo di garantire il sole sulla corte.

Ora il tema progettuale è quello di trovare delle soluzioni per garantire l’effetto insediativo originario, soprattutto nei rapporti tra lo spazio pubblico e le cortine insediative poste lungo le principali strade, ma anche rendere più facile il restauro del tessuto e quello degli edifici. In questo senso la variante urbanistica è stata anticipata da un processo partecipativo che ha portato i professionisti a incontrare in piazza gli abitanti per cogliere i diversi punti di vista della popolazione e degli attori immobiliari.

Tra i problemi più importanti sollevati c’è stato il tema della conservazione dell’aspetto dell’ambiente urbano tradizionale, ma anche quello di una certa flessibilità nell’operare trasformazioni e modernizzazioni nelle corti private e negli edifici esistenti.

Per rendere le norme più adeguate è stata condotta una indagine accurata sulle cartografie storiche che ha permesso di cogliere la sequenza del costruito e quindi si è reso possibile identificare il periodo di fondazione delle diverse abitazioni e annessi rurali. Attribuito a questi manufatti un codice e un valore è stata approntata una dettagliata normativa che permette di definire le modalità di recupero delle corti e degli edifici permettendo anche soluzioni con registri formali moderni all’interno dello spazio privato.

Arch. Moreno Baccichet

 

 

 

 

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